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    Mi chiamo Martina, ho 28 anni e fino a qualche mese fa mi sarei definita “instancabile coltivatrice di sogni”. Fino a qualche mese fa.

    Oggi posso dirmi raccoglitrice, ammirata spettatrice e attenta fruitrice di sogni germinati.

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Mi chiamo Martina, ho 28 anni e fino a qualche mese fa mi sarei definita “instancabile coltivatrice di sogni”. Fino a qualche mese fa.

Oggi posso dirmi raccoglitrice, ammirata spettatrice e attenta fruitrice di sogni germinati.

Da piccola volevo fare la maestra, come mia nonna o come la mia maestra Lidia, cui, in prima elementare, mi accomodavo affianco, alla cattedra, destando, con enorme probabilità, sfrenate simpatie negli animi dei miei compagni di classe.

A casa, giocando con le bambole, mi dividevo tra appelli e interrogazioni e interminabili sessioni di pettinate. Anche fare la parrucchiera non sarebbe stato male, forse. Mi piaceva fare le acconciature e tagliare i capelli. Molte bambole se ne sono andate rasate a zero, incolpevoli cavie delle mie sperimentazioni senza scrupoli. Io, per ironia della sorte, avevo i capelli cortissimi, mia madre mi convinceva fosse un bene per me. “Guarda tutte le bambine con i capelli lunghi e fluenti quanto tempo ci mettono ad asciugarli – mi diceva negli spogliatoi della piscina – tu, invece, un colpo di asciugamano e sei fuori”.

Non sono mancate le volte in cui sia stata scambiata per un bambino

Cresciuta, ho sempre creduto che il lavoro giusto da fare fosse stato quello di mamma. Non sapevo bene in cosa consistesse, ma lavorava in un posto in cui, in fondo ad un corridoio, c’era un armadio di legno a due ante pieno di giochi. Lavorava con i bambini e le volevano tutti bene. Una gran figata. Mamma è una logopedista e, superata la maturità classica, mi iscrissi alla facoltà di Logopedia.

Nonono. Ragazzi, ma io mica volevo fare la Logopedista per davvero. Io volevo insegnare Latino e Greco al Liceo, che diamine. E poi amavo cucinare e bere vino. E mi piaceva scrivere, da matti. Odiavo la Logopedia. Non volevo fare/essere una logopedista!

Fu allora che iniziai a coltivare i miei sogni. E, ancor prima, a conoscerli.

Mi sono laureata in Logopedia, il 2 dicembre del 2010. Poi in Lettere Antiche il 14 luglio del 2014 e poi in Filologia, Letteratura e Storia dell’Antichità il 14 aprile del 2017.

Gli anni di Lettere sono stati i più belli. Immergersi a capofitto in ciò che si ama è impagabile, ma soprattutto impagabile è stato conoscere persone esperte in quegli ambiti. Primo fra tutti mio nonno paterno, di cui porto il nome inciso nel braccio sinistro: Mario. Indomito latinista e mio personalissimo investitore.

Mentre studiavo, seminavo i miei sogni. Ho lavorato per due mesi nelle cucine di un ristorante, ho pelato patate fino a non sentire più le dita e montato albumi fino a voler buttare via il braccio. Ho lavorato al Centro di mia madre. Non mi sono mai stancata di tradurre. Ho iniziato a scrivere per una rivista, di Logopedia ed Enogastronomia. Mi sono appassionata al mondo dei Social e della Comunicazione. Ho fatto uno stage negli uffici della Cancelleria Apostolica, ero un mini-anello della catena che dispensa indulgenze plenarie. Ho viaggiato, conosciuto persone e mondi diversi. Mi sono rotta il cuore. Ho comprato una fiamma ossidrica che non ho mai utilizzato e un torchio con le trafile in bronzo. Ho riaggiustato il cuore e sono andata a vivere da sola.

E poi, alla fine, quasi ad oggi, sono diventata giornalista pubblicista. Mi vanto di essere un’esperta nel settore food. Quasi sommelier. Mi occupo della comunicazione aziendale del Centro di Logopedia costruito con immenso amore dai miei genitori.

Amo il teatro e la poesia. Il balletto e l’opera.

Mi sono iscritta al FAI ed ho aperto il mio blog: Zibaldone Pascaliano.

Sogno di una vita e finalmente realizzato. Sogni di una vita finalmente realizzati.




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